In questa guida vedremo quali sono le fasi che ci permettono di trasformare il latte in formaggio. Senza scendere nel dettaglio di ricette specifiche, che condividerò in post dedicati, vi accompagnerò nel procedimento tecnologico, dallo stoccaggio del latte alla stagionatura del formaggio, cercando di chiarire ogni passaggio e magari lanciando idee e spunti per riflessioni future. Vediamo quindi come si fa il formaggio.
Della dott.ssa Chiara Pulin
Indice
Come si fa il formaggio? Lo stoccaggio del latte
Che mungiate a mano o che vi serviate della mungitrice, il modo migliore per convogliare il latte nel tank frigo, o in caldaia, è per caduta. In questo modo il latte non viene stressato da sistemi di pompaggio che rischiano di rompere i globuli di grasso. Allo stesso modo è importante che durante la sua conservazione, la velocità di una eventuale pala di agitazione non sia eccessiva.
La temperatura dovrebbe essere portata il più rapidamente possibile a quella di conservazione ed entro le 48 ore il latte dovrebbe essere lavorato.
In base alle necessità posso conservarlo a temperature diverse:
- 4°C: se lo lavorerò due giorni dopo.
- 8-10°: per non inibire eccessivamente i batteri lattici e avere una ripresa più rapida in caldaia il giorno successivo.
- 12-14°: fase di prematurazione, con addizione di fermenti (meglio omofermentanti). Usata quando il latte della sera viene addizionato alla munta della mattina seguente, ottenendo ad esempio la temperatura adeguata alla lavorazione lattica e una più rapida attività fermentativa. Dopo l’unione delle due munte posso addizionare anche un mix di eterofermentanti.
Inoltre, se non movimento il latte durante la conservazione, nel caso di quello vaccino, la mattina seguente lo potrò scremare per ricavarne burro e formaggi semigrassi.
Per un approfondimento sulla qualità del latte leggi quest’altro articolo.
Trattamento termico del latte
- Lavorazione a latte crudo: la temperatura del latte non supera i 42°C, possono essere addizionati o meno fermenti.
- Termizzazione: 57-68°C per almeno 15 secondi, risultato positivo all’esame della fosfatasi, usato per ridurre la flora anticasearia del latte, ma intaccando anche quella filocasearia sarà necessario l’utilizzo di fermenti.
- Pastorizzazione: 63°C per 30 minuti o 72°C per 15 secondi o combinazioni di tempo e temperatura che diano risultato negativo all’esame della fosfatasi. Riduce drasticamente ed elimina la maggior parte dei batteri presenti, rendendo necessario l’uso di colture starter.
Innesto
Per approfondimento vi rimando a un precedente articolo che abbiamo scritto poco tempo fa: clicca qui.
Se invece sei interessato ad una guida approfondita, scarica subito la guida qui.
Caglio e coagulanti
- Caglio: di origine animale. Estratto dall’abomaso di ruminanti lattanti. Composto da enzimi quali chimosina e pepsina, in proporzioni variabili. Reperibile in polvere, liquido o in pasta (contenente lipasi, che idrolizza i grassi dando sapori e odori più marcati al formaggio). Proprio per la sua origine, la sua attività è massimizzata nell’intorno dei 40°C (temperatura interna dell’abomaso).
- Coagulante vegetale: estratto dal fiore del cardo o dal lattice del fico. Usato per produzioni vegetariane e per ampliare l’offerta di prodotti.
- Coagulante di origine fungina: liquido o in polvere. Sfrutta il metabolismo delle muffe.
Le dosi variano in base al potere coagulante del caglio e al tipo di formaggio che vogliamo ottenere. Nel caso della lavorazione lattica le dosi si riducono fino a 5ml/q latte.
Rottura della cagliata: la lavorazione presamica
Una volta che il latte ha subito la trasformazione da forma liquida a gel e risponde spaccandosi in modo netto alla “prova del dito”, la nostra cagliata è pronta per essere tagliata.
Regola vuole che più il formaggio dovrà essere stagionato, più piccoli dovranno essere i grani della cagliata. Di norma si procede con più tagli: un primo taglio longitudinale “a griglia” di dimensioni variabili in base al risultato che dovrai ottenere, seguito da un periodo di sosta (circa 10 minuti) che permette al siero di affiorare. Con il secondo taglio trasversale ottengo i “cubi” di cagliata e vi segue un’altra sosta. A questo punto, dopo una breve agitazione della cagliata, che mi permette di darle forza asciugandola, posso estrarla direttamente se devo produrre formaggi freschi o procedere con un ulteriore taglio, con lira o spino fino alla dimensione necessaria ad una più importante stagionatura.
Trattamento termico della cagliata
Una volta rotta la cagliata alle dimensioni desiderate, alcune produzioni richiedono un trattamento termico, per asciugarla ulteriormente e poter portare il formaggio a stagionature più lunghe.
- Semicottura: la cagliata, in agitazione costante, viene portata ad una temperatura di 42-48°C
- Cottura: la cagliata, in agitazione costante, viene portata ad una temperatura di 48-56°C
Infine, la cagliata viene lasciata “riposare” sotto siero prima di procedere con l’estrazione.
Estrazione
La cagliata presamica viene estratta manualmente e depositata nelle fascere o in esse convogliata per caduta. È molto importante iniziare appena possibile con i rivoltamenti delle forme, e procedere poi ad intervalli regolari, per garantire uno spurgo uniforme.
Nella cagliata lattica, questa fase è estremamente delicata e si svolge con mestoli o spannarole per la messa in forma diretta, oppure può essere trasferita in teli per favorirne un ulteriore spurgo prima di essere messa in forma.
Stufatura
Fase spesso sottovalutata nella tecnologia produttiva. Consiste nel mantenere le forme a temperatura e umidità elevate per un tempo variabile in base alle loro dimensioni e al grado di acidificazione che vogliamo ottenere. Favorisce la sineresi, l’acidificazione della cagliata e stimola i batteri presenti a produrre enzimi che agiranno nella maturazione del formaggio.
Salatura: a secco o in salamoia
Importante non solo per insaporire il formaggio, ma anche per favorire la sineresi, la formazione della crosta, la conservazione del formaggio e per inibire i microorganismi anticaseari.
Asciugatura
L’asciugatura è un’altra fase fondamentale, molto spesso sottovalutata dalla maggioranza delle aziende.
Consiste nel mantenere i formaggi in un ambiente dedicato (una cella o un angolino del caseificio) per almeno 12 ore, rivoltandoli almeno una volta al giorno. Temperatura e umidità vanno tarate in modo che ne favoriscano l’asciugatura, quindi una ulteriore sineresi e la formazione della buccia, e le tempistiche, da 12 ore a 4 giorni, variano in base alla pezzatura del formaggio. Fondamentale è la ventilazione di questo ambiente.
Maturazione
Naturale degradazione enzimatica dei componenti della cagliata in composti aromatici e gasogeni, con modificazione organolettica del formaggio. Quando subentrano l’attività proteolitica e lipolitica si hanno cambiamenti anche a carico della struttura della pasta.
Fondamentali i rivoltamenti: inizialmente una volta al giorno, a scalare fino ad arrivare ad uno ogni due settimane nel corso dei mesi.
Importante mantenere adeguatamente puliti i formaggi e la cella stessa.
Temperatura e umidità vanno tarati in base al prodotto che vogliamo ottenere, alle muffe di copertura che vogliamo sviluppare e alla velocità con cui vogliamo arrivare al risultato finale.
Ogni realtà, di qualunque dimensione essa sia, dovrebbe fare in modo di procedere con ognuna di queste fasi, per garantire la corretta evoluzione del prodotto, non rendere vani gli sforzi della trasformazione e rendere giustizia al latte di partenza.